[Le sette di sera. Amen.]
L'arte dell'attesa.
Ecco, io non la conosco.
Non sono mai stata paziente, non mi piace aspettare e voglio sempre sapere come andranno a finire le cose.
Quindi, non abito bene le waiting room.
In questi giorni arriva sempre una sottile ansia, ad un certo punto, a bussare alla mia porta.
Un campanello per pensare: "cosa stai facendo, adesso"?
Ma non lo temo troppo, questo campanello.
E' la contropartita della ripresa.
Ora che tutto è di nuovo in movimento, qualche parte della coscienza mi domanda se sta andando tutto bene, se sto prendendo quello che effettivamente voglio.
La risposta? Si, nel complesso si.
Il lavoro procede bene oltre ogni immaginazione e mia pretesa.
Un treno che corre senza timori su binari che non conoscono ostacoli.
Mi alleno molto e settembre è il d-day per iniziare crossfit.
Sullo spagnolo sono indietro, ma ancora non è il momento giusto per iniziare, quindi anche questo...va bene.
...e il cuore è beatamente in pace.
Nessun fremito inutile, nessun desiderio di correre verso la direzione sbagliata.
Non c'è tempo per lui, adesso...e mi pare la cosa più giusta che ci sia.
Mi stupisce questa condizione particolarmente lontana dal mio essere, ma davvero il bisogno di pace prevale su ogni affanno, su ogni possibile turbamento.
Capisco oggi che è vero quando dicono che tutto va come deve andare.
Ogni percorso ha in sé già la sua conclusione e non ha senso pretendere che il destino si pieghi diversamente.
Non ci sono finali sbagliati, ma solo finali giusti.
Ed in questo senso di giustizia e correttezza ritrovo la pace che in questi anni è mancata così tanto.
Ricomincio quindi ad essere io, in un senso adulto ed equilibrato (che non preclude affatto alle assurdità del divertimento) dove c'è grande consapevolezza.
Tanta testa, tutta me stessa, nessuna farfalla che distrae il mio cammino.
I gotta be thankful. I do.
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